Giancarlo D'Errico intervistato da Chiara Pottini
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Giancarlo D’Errico, presidente Anffas Torino, in diretta sul Tgr Piemonte

Argomento dell’intervista: la riapertura dei centri diurni per le persone con disabilità intellettiva

Giancarlo D'Errico
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Riaprono i centro diurni per persone con disabilità: meglio tardi che mai

Giancarlo D’Errico, presidente di Anffas Torino: “I problemi rimangono gravi, non abbassiamo la guardia. Subito test sierologici per utenti e operatori e risorse per sostenere gli enti erogatori e le famiglie. La riapertura sarà graduale, ma entro settembre i servizi devono essere ripristinati al cento per cento”

 

Meglio tardi che mai: la Regione Piemonte ha approvato “Il piano territoriale regionale per la riattivazione delle strutture semiresidenziali e delle attività educative territoriali/domiciliari per persone con disabilità e minori con problematiche psico-socio-relazionali”.

La riapertura dei centri diurni per disabili (CDD), che erano stati chiusi con il decreto Cura Italia del 16 marzo, è una battaglia che Giancarlo D’Errico, presidente Anffas Torino, ha portato avanti con grande forza nelle ultime settimane: “Da quando è scoppiata l’emergenza Covid-19, il peso della gestione delle persone con disabilità è stato completamente scaricato sulle famiglie, situazione che non è più sostenibile. Ormai le persone sono tornate a lavorare e la vita pubblica sta riprendendo il suo corso normale: bar e ristoranti sono pieni, i bambini vanno ai centri estivi, si gioca a calcio e si festeggia senza alcun timore. Ora, finalmente, le nostre richieste sono state ascoltate e riaprono i centri diurni per disabili. In un paese che vuole dirsi civile, il pallone non può contare più della disabilità, come purtroppo succede”.

La sicurezza viene prima di tutto: “Bisogna fare i test sierologici a tutti gli utenti e gli operatori, che saranno a carico delle ASL: va bene, ma bisogna agire rapidamente, altrimenti si slitta a settembre” spiega D’Errico.

La riapertura dei CDD sarà comunque progressiva. Secondo le previsioni di Anffas Torino, che gestisce due CDD, nella prima fase sarà possibile accogliere fisicamente al massimo il 50 per cento degli utenti precedenti, a causa dei vincoli e dei costi per la sicurezza. Questo significa, da un lato, che molte delle persone con disabilità intellettiva continueranno a gravare sulle famiglie. Dall’altro, che alle associazioni e alle cooperative mancheranno le risorse per gestire tali centri al livello precedente, visto che la flessibilità non comporterà la riduzione delle spese fisse, delle utenze e del personale.

“Su questo aspetto – prosegue il presidente Anffas Torino – dobbiamo essere chiari. L’inizio sarà graduale, ma l’obiettivo deve essere quello di ripristinare al cento per cento i servizi attivi prima della pandemia, entro settembre. Non è pensabile sostituire il centro diurno con l’assistenza domiciliare, che pure va sostenuta in questa fase transitoria, perché non è la stessa cosa né per la persona con disabilità, né per le famiglie”.

Quanto alla questione economica, servono risorse adeguate perché la riapertura graduale e il rispetto delle norme di sicurezza comporteranno un notevole aumento dei costi, che “non possono ricadere sugli enti erogatori, che sono già ai minimi, né sulle famiglie. Dobbiamo vigilare con attenzione affinché non passi un concetto molto pericoloso: se le famiglie sono state in grado di autogestirsi per questi tre mesi, saranno in grado di autogestirsi anche per i prossimi, fino a stabilizzare la situazione attuale”.

“Tutti argomenti – prosegue D’Errico – che sono emersi e sono stati affrontati nel confronto con la Regione, che concorda con noi sulla necessità di procedere alla sperimentazione, nei prossimi due mesi, di modelli nuovi che siano la base di un nuovo sistema di servizi, e ha ben compreso la necessità di adeguare le risorse, oggi insufficienti, ai nuovi bisogni e modelli”.

La tempistica, visti questi presupposti, non sarà immediata: “Se saremo bravi, ma molto bravi, riapriremo i CDD a metà luglio. Serve l’aiuto di tutti, noi sicuramente non abbasseremo la guardia, continueremo a vigilare e soprattutto a proporre soluzioni concrete”, conclude Giancarlo D’Errico.

Scritta Covid-19
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Covid-19: necessario un modello di sorveglianza attiva per persone con disabilità residenti nelle RSD

“L’esperienza italiana offre importanti spunti di riflessione per ottimizzare l’intervento in fase di emergenza e pianificare le strategie per le future fasi della pandemia. L’inseguimento delle gravi conseguenze di COVID-19 nell’elevato numero di soggetti contagiati richiede di essere contemporaneamente affiancato da efficaci strategie di previsione e prevenzione dell’ulteriore diffusione della pandemia. Quest’ultima richiede una gestione sul territorio, risparmiando i presidi ospedalieri dal contagio ed evitando che diventino essi stessi amplificatori della diffusione. Oltre agli anziani e alle persone con preesistenti situazioni di stress metabolico, i soggetti con disabilità intellettiva e disordini del neurosviluppo costituiscono una popolazione a rischio, come confermano le segnalazioni che giungono dalle Residenze Sanitarie per Disabili (RSD) e dai familiari”.

Questo uno stralcio della lettera firmata da UNITI PER L’AUTISMO, dall’Associazione Nazionale famiglie di persone con disabilità intellettiva e/o relazionale (Anfass), dall’Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici (ANGSA) e dalla Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA).

Un appello per sensibilizzare sulla difficile situazione che si sta registrando in questo periodo di emergenza sanitaria nelle strutture residenziali che ospitano persone con disabilità, per le quali ammalarsi di Covid-19 può aggravare pesantemente il loro stato di salute.

Per spegnere i focolai già presenti nelle RSD e per prevenirli nelle strutture al momento risparmiate, i firmatari della lettera propongono un modello di sorveglianza attiva, sull’esempio di quanto fatto a Vo’ Euganeo, piccolo comune in provincia di Padova. In particolare, il modello prevede:
1. esecuzione di tampone nasofaringeo e orofaringeo a tutti gli ospiti e operatori delle strutture, con periodica rivalutazione;
2. immediato isolamento delle persone risultate positive, indipendentemente dalla sintomatologia, con allontanamento immediato di operatori positivi e trasferimento degli ospiti positivi in settori o strutture dedicati;
3. allestimento di strutture o settori di isolamento per gli ospiti positivi – asintomatici e sintomatici – con efficaci zone filtro, mediante riorganizzazione degli spazi interni delle residenze (es. padiglioni dedicati) o utilizzo di altre strutture messe a disposizione da AST o Comune di appartenenza;
4. per gli ospiti sintomatici, strumenti diagnostici e protocolli approvati e aggiornati per l’assistenza domiciliare e ospedaliera non intensiva, possibilmente in collaborazione con le Unità Speciali di Continuità Assistenziale (USCA);
5. adeguamento del personale in forza nelle RSD, attraverso l’attivazione di bandi per richiamare personale volontario, incentivato a fornire la propria collaborazione.

“Ciò che finora abbiamo capito della pandemia consente di razionalizzare l’assistenza sanitaria nelle RSD, evitando il perseverare di strategie non coerenti con l’evidenza scientifica. Con un modello di sorveglianza attiva rivolto alle persone più fragili, l’Italia potrebbe essere di esempio per i Paesi che stanno dimostrando scelte in direzione opposta”, dichiara Cristina Panisi, pediatra del Comitato Scientifico SIMA e del Comitato UNITI PER L’AUTISMO.

Scritta Emergenza Coronavirus
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COVID-19: è emergenza nei centri residenziali, necessario subito un intervento mirato

Riportiamo il comunicato stampa diffuso da Anffas, a firma del presidente nazionale Roberto Speziale per il Consiglio direttivo nazionale e per l’unità di crisi “Emergenza Coronavirus”


È EMERGENZA NEI CENTRI RESIDENZIALI: “SONO BOMBE AD OROLOGERIA PRONTE A SCOPPIARE”
NECESSARIO SUBITO UN INTERVENTO MIRATO

Dobbiamo cambiare strategia: non basta solo proteggere dall’esterno chi vive in una struttura residenziale,
occorre aiutare le persone con disabilità e le famiglie rimaste sole

  1. Bisogna individuare i contagiati, gli asintomatici ed i negativi, garantendo la possibilità di effettuare tamponi per tutti gli utenti e operatori delle strutture residenziali.
  2. Bisogna isolare e distanziare il più possibile le persone anche all’interno delle strutture, anche ricorrendo all’utilizzo di sedi diverse.
  3. Bisogna assicurare alle persone con disabilità i cui genitori siano ricoverati o siano venuti meno a causa del Coronavirus immediata presa in carico.
  4. Bisogna assicurare, con urgenza, ai genitori, specie anziani, supporti domiciliari per gestire i figli con contagio da Coronavirus o che non siano gestibili in famiglia.
  5. Bisogna tutelare, in tutti i modi, la salute degli operatori che stanno dimostrando sul campo il loro valore e senza i quali le persone con disabilità, specie se rare e complesse, rischiano di restare prive anche del minimo supporto vitale.

L’onda lunga del contagio, altrimenti, diventerà lunghissima e si assisterà alla “decimazione” delle persone più fragili che vivono in strutture residenziali, unitamente ad analogo rischio per gli operatori.

“I centri residenziali sono delle vere e proprie bombe ad orologeria pronte a scoppiare, è una situazione a dir poco esplosiva che nessuno sta cercando di risolvere, lasciando così in balìa dell’emergenza sanitaria in corso le persone con disabilità, le famiglie e gli operatori”. Così Roberto Speziale, presidente nazionale Anffas, parla a nome e per conto delle decine di migliaia di persone con disabilità di famiglie e di operatori, della condizione in cui versano le nostre persone e le nostre famiglie nonché le strutture residenziali nelle quali in Italia vivono centinaia di migliaia di persone con disabilità ed anziani non autosufficienti. Tali strutture vanno equiparate, ai fini dell’emergenza “Coronavirus”, alle strutture sanitarie e vanno gestite con pari attenzione e modalità, fornendo loro, nell’immediato tutto l’aiuto di cui necessitano e priorità nella fornitura di dispositivi di sicurezza, materiale e personale.

“Dalle nostre persone con disabilità e dalle nostre famiglie ci giunge, altresì, un disperato appello relativamente alla urgente necessità di avere adeguati supporti domiciliari. Si sono, infatti, già verificati casi in cui i genitori sono venuti meno ed i figli con disabilità sono rimasti soli in casa, con minimi supporti da parte dei Comuni, o casi in cui genitori anziani si sono ammalati e i cui figli con disabilità sono di difficile gestione. Ed ancora quando sono le stesse persone con disabilità a risultare positive e non in grado di mettere in atto le misure di distanziamento o di utilizzo dei dispositivi atti a prevenire il contagio. Anche per gli Enti Locali si sta rivelando problematico trovare personale disponibile ed idoneo a garantirne l’assistenza”.

“I nostri appelli, fino ad oggi, sono caduti nel vuoto, mentre non è più procrastinabile iniziare a fornire strumenti come kit di protezione e ad effettuare tamponi per capire chi sono i contagiati e gli asintomatici, così da poterli isolare dagli altri ed evitare il protrarsi dei contagi che, nel caso dei centri residenziali, non solo sono più rapidi ma sono anche più aggressivi”.

Per fortuna abbiamo anche notizia che su alcuni specifici territori le istituzioni pubbliche preposte stanno garantendo un comportamento collaborativo e di attenzione alle nostre istanze e questo sta consentendo di gestire al meglio anche situazioni assai complicate.

“Sin dall’inizio della diffusione del COVID-19, quando doveva essere ancora dichiarata la pandemia da parte dell’OMS, Anffas ha chiesto agli organismi preposti azioni mirate per tutelare le persone con disabilità, le loro famiglie e gli operatori, come indicato anche dalla Nazioni Unite nell’apposita convenzione che riguarda le persone con disabilità ma anche perché grazie alla propria ultra 60ennale esperienza sul campo aveva, sin da subito, compreso i gravi rischi che una simile emergenza sanitaria avrebbe potuto comportare proprio per le persone più fragili di cui Anffas si prende cura e carico. Ma ciò nonostante si sta perdendo tempo prezioso e ci stiamo avviando ad un vero e proprio punto di non ritorno”.

Anche la situazione delle famiglie al cui interno vivono persone con gravi disabilità o non autosufficienti, specie quelle con seri problemi comportamentali, sono letteralmente allo stremo e necessitano di urgenti ed adeguati supporti domiciliari o alternativi.

Sarebbe inoltre opportuno che, almeno per persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo, dietro prescrizione medica, fosse prevista una deroga alle attuali regole sul divieto di uscire dalle proprie abitazioni, chiarendo che viene consentito di poter fare delle brevi uscite giornaliere, sempre rispettando, per quanto possibile, tutte le previste prescrizioni. Appare assurdo che questa soluzione, in questo momento, sia consentita ai proprietari di cani e non a familiari di persone con gravi disabilità!

“Dal canto nostro stiamo facendo il possibile – prosegue il presidente – Anffas Nazionale ha attivato una Unità di Crisi, composta da oltre 30 esperti operanti nelle Anffas di tutta Italia che si sono offerti volontariamente di farne parte. L’Unità di Crisi, unitamente al personale della sede nazionale, lavora con modalità a distanza, praticamente in maniera continua per supportare tutte le persone con disabilità ed i loro familiari e non lasciare solo o indietro nessuno. Con specifico riferimento alle disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo ed alle loro famiglie, ma non solo, vengono costantemente fornite indicazioni e viene prodotto materiale utile ad affrontare, questa situazione da ogni punto di vista – normativo, sanitario, psicologico, scritto anche in linguaggio facile da leggere per aiutare le stesse persone con disabilità a comprendere la situazione e gestirla al meglio – materiale che abbiamo reso disponibile sul sito www.anffas.net in una sezione dedicata e che, aggiornandolo costantemente, diffondiamo tramite tutti i canali social. Siamo, inoltre in contatto costante con tutte le nostre strutture associative sul territorio per cercare di supportare al meglio loro, le persone con disabilità, le famiglie e gli operatori che sono sempre in prima linea e attraverso le reti Fish e Forum seguiamo l’evoluzione normativa e forniamo a nostra volta il massimo supporto possibile elaborando proposte e contributi”.

Conclude Speziale: “Siamo consapevoli delle enormi difficoltà che anche le nostre istituzioni stanno affrontando e ne comprendiamo, riconosciamo e supportiamo gli enormi sforzi fin qui posti in essere. Ma ora serve un piano di intervento mirato che si occupi in modo più stringente anche delle persone con disabilità delle loro famiglie a 360 gradi: diamo piena disponibilità a collaborare con le autorità competenti per fornire supporto in questo senso, ma è assolutamente necessario ed urgente attivare delle misure e dei protocolli ad hoc per gestire la situazione di grave emergenza, a partire dai centri residenziali, perché non è ammissibile che un paese civile lasci indietro una parte della sua popolazione in un’emergenza come quella che stiamo vivendo oggi”.

Non vorremmo che alla fine “sarà andata bene” solo per alcuni, mentre per le persone anziane, per le persone con disabilità e/o non autosufficienti e per molti loro operatori, non sarà andata per nulla bene!

Clicca qui per consultare tutti i materiali prodotti dall’Unità di Crisi

Muro arancione con disegni
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Sostenere il sistema dei centri diurni e residenziali

Richiesta unitaria di Anffas Torino e Gruppo Agape. D’Errico: “Siamo in linea con la direttiva di sospendere temporaneamente l’attività dei centri diurni per concentrarci sull’assistenza domiciliare, dobbiamo tutelare le persone con disabilità ma anche famiglie, operatori e imprese” Continua a leggere