Carlo Martelli
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Caso Carlo Martelli: una riflessione su solitudine e responsabilità

Dal tragico episodio di Carlo Martelli nasce una riflessione sulla solitudine delle famiglie con figli che vivono con disabilità

A Carlo Martelli, 69 anni, chirurgo e fondatore di Anfass Abruzzo, vittima di una violenta aggressione da parte di quattro malviventi mentre si trovava nella sua abitazione di Lanciano, insieme alla moglie e al figlio, un ragazzo con disabilità, vanno la nostra vicinanza, il nostro affetto e i migliori auguri di un pronto ritorno a casa. Ma, dalle parole di Carlo Martelli dall’ospedale, emergono delle riflessioni da cui non possiamo esimerci: “Devo tornare a casa per provvedere al futuro di mio figlio”, dice Martelli, sotto la pressione, più che dal desiderio di guarire, della necessità di portare a termine il compito che lui e sua moglie hanno ricevuto in dote dal destino: pensare al domani del loro figliolo, al “dopo di noi”.

Un pensiero sempre presente nella mente dei genitori di ragazzi con disabilità grave-gravissima, ma più vivo e reale, più impellente, quanto ci si trova messi di fronte alla consapevolezza che non è detto che si abbia tutto il tempo di cui si pensava di godere. Che la vita è breve e fugace e può finire in modi e tempi inaspettati. E che quel compito, di cui i genitori hanno tutto il peso e la responsabilità, rischia di rimanere non compiuto: perché, in fin dei conti, le famiglie sono sole, spesso schiacciate dall’urgenza di provvedere ai figli e senza altro sostegno che un’associazione, ma non altri, non la legge, non le istituzioni.

Quando questa consapevolezza affiora e si concretizza, insieme alla certezza del tempo che passa, allora chi è forte come Martelli torna a casa e si ributta nel suo impegno con maggiore energia di prima; ma chi non lo è? Quanto possiamo permetterci che queste famiglie cedano alla disperazione e all’impotenza? Non possiamo, per niente. Anffas lotta con loro e per loro perché chi deve essere al fianco delle famiglie non dimentichi e non tralasci i compiti che sono assegnati dalla legge, dalle norme, e da un po’ di umano buonsenso.

Chi è Anffas

La sede di Torino è stata costituita da genitori di persone disabili nel 1959. È iscritta al registro comunale delle associazioni dal 21/03/2000. Annovera circa 300 soci sul territorio della Città di Torino e provincia.

Il Consiglio Direttivo è composto da genitori di ragazzi disabili, che esercitano il loro mandato senza compenso.

Rispetto alla gestione di Servizi, nel 1975 l’ANFFAS Torino inizia un rapporto di collaborazione con la Provincia di Torino per la gestione del COEP (Centro Occupazionale e di Educazione Permanente), sito in via Ormea n.°15; si tratta di un Centro diurno in favore di soggetti disabili intellettivi che viene gestito sino al 1979, anno in cui l’Amministrazione Provinciale lo assume in gestione diretta tra i centri di lavoro protetto.

Quattro anni più tardi (1983) la sezione di Torino inizia a gestire per conto del Comune di Torino il CAIT (Comunità Alloggio di Pronto Intervento), sita in via Sidoli n.° 18; si tratta di un Servizio residenziale rivolto a persone che, generalmente per brevi periodi, non possono più risiedere all’interno del proprio nucleo familiare. La collaborazione con il Comune continua fino al 1986, anno in cui il Servizio passa in gestione ad una Cooperativa Sociale.

Il rapporto di collaborazione con il Comune di Torino riprende alla fine del 1991.

L’impegno di quel periodo porta all’apertura di un Servizio rivolto a ragazzi ultraquattordicenni disabili intellettivi con gravi compromissioni (anche di tipo motorio) per i quali il centro diurno si configura come il Servizio più idoneo al termine di inserimenti in contesti scolastici, in particolare per coloro che avevano frequentato i Centri Educativi Speciali Municipali (C.E.S.M. d’ora in poi), in attesa di una futura collocazione in adeguate strutture competenti per territorio. Nasce così nel gennaio del 1992 il Centro di Intervento Temporaneo (C.I.T.) con l’intenzione di accogliere persone disabili per 6 mesi/1 anno in attesa di trovare loro una sistemazione definitiva: si parte con 12 ragazzi e 12 unità di personale più 1 coordinatore, nei locali messi provvisoriamente a disposizione dal C.E.S.M. di corso Bramante; si era, infatti, in attesa della ristrutturazione dell’ex-scuola materna di via Fiesole.

Dalla prima sede di corso Bramante ci si trasferisce, nel mese di marzo del 1995, in quella appena terminata di corso Svizzera n.° 140.

Nel maggio del 1996 l’ANFFAS ha dato disponibilità ad uno sdoppiamento del Servizio con la conseguente apertura di un Centro Socio Terapeutico in via Fiesole n.°15/c.

Nel febbraio del 2004 Anffas Onlus Torino avvia anche una nuova gestione del CAIT, un Servizio residenziale di pronto intervento, in cui sono ospitati, a rotazione, 13 utenti.

Sempre nell’ambito della gestione di Servizi, dall’inizio degli anni ’70 la sede ANFFAS di Torino gestisce e organizza soggiorni estivi per ragazzi disabili.

Dal 1991, ogni anno, l’Anffas promuove ed organizza un corso di formazione per assistenti di persone disabili.

Ad oggi la Fondazione Anffas Torino Dignitade Onlus gestisce tre servizi: il Centro Socio Terapeutico in Via Fiesole 15/c che ospita fino a 22 persone, il Centro socio Terapeutico in Via De Sanctis 12 (prima situato in Corso Svizzera 140) che ospita fino a 20 persone e la Comunità residenziale Cait con 13 posti letto.

Beatles Days
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Aperto il concorso rivolto alle band con almeno una persona con disabilità

In occasione della quarta edizione dei “Beatles Days Torino 2018”, in programma sabato 22 e domenica 23 settembre, Anffas Onlus Torino indice un concorso aperto a tutte le band che abbiano almeno una persona con disabilità tra i suoi componenti, per partecipare da protagonisti all’evento.

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Pila di giornali
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La vittoria di Anffas e delle associazioni per il “Piano per la cronicità” della Regione Piemonte

Sospeso il “Piano per la cronicità” della Regione Piemonte, un successo delle associazioni che si occupano delle persone con disabilità e non autosufficienti.

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Pila di giornali
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Nuova legge per la “vita indipendente”

Questa mattina si è tenuto un incontro in Regione Piemonte, con l’Assessore al Welfare Augusto Ferrari, sulla nuova legge per la “vita indipendente”. In una sede davvero inadeguata per le necessità di accessibilità delle persone con disabilità motoria, nella sede dell’Assessorato in via Bertola 34, l’AssessoreFerrari si è confrontato con le Associazioni sull’applicazione della Legge 112 sul dopo di noi e sulle linee-guida per la vita indipendente.

L’Assessore ha proposto la costituzione di un tavolo per il confronto con le Associazioni, anche in vista di una legge ad hoc sulla disabilità che è in fase di stesura da parte dei consiglieri Paolo Alemanno e Enrica Baricco, presenti anche loro alla riunione.

Le norme regionali attualmente in vigore risalgono al 2008: ad oggi una parte dei fondi erogati annualmente per gli interventi sulla disabilità è destinata a progetti di vita indipendente. Dal 2013 si innesta anche l’intervento statale che ha natura sperimentale e quindi agisce tramite bando per i territori con risorse; tali risorse provengono dal fondo nazionale per la non autosufficienza.

Per il 2018 sono stanziati 50 milioni di euro a livello nazionale per la non autosufficienza, fondi che dovrebbero diventare strutturali, cioè costanti nel tempo. Nel 2016/2017 in Regione Piemonte sono stati stanziati circa 9 milioni. Una parte di questi è stata trattenuta per un bando di prossima pubblicazione per interventi strutturali su alloggi destinati a persone non autosufficienti.

Secondo quanto hanno riferito i tecnici dell’Assessorato, 2milioni e 400mila euro per un totale di 207 progetti di vita indipendente sono assegnati agli enti gestori. Da alcuni anni si è innescata anche una sperimentazione per le persone con disabilità intellettiva. L’intenzione è ampliare le linee guida tenendo conto di altre disabilità, ma lo sviluppo finora è andato a rilento in attesa della definizione di linee guida nazionali.

A questo punto è necessario fare alcune considerazioni.

  1. Poiché i fondi sono stati erogati agli enti gestori, le Associazioni avrebbero dovuto essere coinvolte nella definizione delle modalità di impiego: purtroppo questo non è successo. Ancora pochi, inoltre, sono i progetti individuali realizzati, ma non solo: le modalità con cui sono redatti non sono conformi allo spirito della Legge 112, in quanto non affrontano le necessità della persona con disabilità nell’arco di tutta la sua vita.
  2. La vita indipendente non è soltanto la presenza di una badante, ci sono molte altre circostanze e necessità per l’autonomia che esulano dalla presenza di una persona: troppo frequentemente i progetti di vita indipendente si limitano soltanto a prevedere l’assistenza.
  3. I fondi nazionali, inoltre, sono sperimentali, devono servire per aprire nuove progettualità. Se vengono utilizzati per mantenere i progetti già operativi, l’unico modo per attivarne di nuovi è aspettare qualche decesso. Soprattutto, è necessario attivare progetti anche per persone con disabilità intellettiva, non soltanto motoria.
  4. Se, poi, la legge parla di co-progettazione, questo significa che le ASL devono venire a parlare con le Associazioni, le famiglie, i medici, per iniziare a scrivere insieme questi progetti. Finora questo non è quasi mai successo.
  5. Buona parte dei sostegni di cui si parla per la vita indipendente sono contemplati nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e come tali sono obbligatori e indifferibili: temporeggiare ulteriormente non solo è ingiusto, ma anche illegale.

Questi sono punti di partenza su cui iniziare a discutere e lavorare. Ci auguriamo che l’Assessore non si lasci sfuggire l’occasione.

Pila di giornali
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Portale “muoversiatorino.it”: ancora tanta strada da fare

Giancarlo D’Errico: “Tanti progressi con il portale www.muoversiatorino.it, ma la strada da fare per la piena fruibilità dei mezzi di trasporto pubblico è ancora lunga” Continua a leggere